‘Eroe’, la semantica che comunemente si trova su questa parola, ci da una duplice definizione, indicando con essa una persona che per eccezionali virtù di coraggio o abnegazione s’impone all’ammirazione e, rifacendoci alla mitologia classica, essere semidivino (figlio di un mortale e di una dea), cui una stirpe attribuisce gesta prodigiose a proprio favore. I ciclisti racchiudono proprio tutto questo, sono degli eroi si, eroi della strada, trattati forse nello sport professionistico, come figli di un Dio minore, sono coloro che in maniera eroica lottano e si dannano, per portare a casa un risultato, per una pura passione e voglia di sport, che va al di là di tutto e tutti.
Uno sport che si, per chi è professionista da il pane come tanti altri lavori, ma che forse non è tutelato come dovrebbe, ne dalla legge ne a livello economico, rispetto ai suoi fratelli calcio, basket e pallavolo. Uno sport che meriterebbe più riconoscenza, un’arte nobile dove il lavoro e la fatica fanno da padrone, dove i valori umani e atletici fanno la differenza, uno spot per i ragazzi, che possono vedere in questa arte la purezza e la vera essenza dello sport, o meglio ancora di quello che dovrebbe essere ritenuto tale.
Michele Scarponi, uno dei tanti eroi passati sulle nostre strade, era proprio questo, racchiudeva tutto quello che di bello rappresenta il ciclismo. Un corridore che è diventato campione e che da campione ha fatto anche il gregario, contribuendo in maniera decisiva all’ultimo grande titolo vinto dal nostro conterraneo, Vincenzo Nibali. Un campione strappato alla vita improvvisamente, in quella maledetta mattina di sabato 22 aprile, impattando contro un furgone, lasciando tutto e tutti così velocemente, come fosse una delle sue esuberanti scalate, una moglie, due figli splenditi e una cerchia immensa di amici e persone che lo amano e lo hanno amato anche senza, per alcuni, averlo conosciuto di presenza.
Avrebbe meritato di essere celebrato per queste e tante altre cose Michele Scarponi, che si preparava ad un giro che lo avrebbe portato anche nelle nostre strade messinesi, per le celebrazioni della 100esima edizione del Giro d’Italia. Un grande appuntamento che avrebbe coinvolto l’intera nazione, svariate città e regioni, ma che sarà meno grande, perché senza uno dei suoi eroi, senza un grande atleta, un grande uomo, strappato alla vita da quello sport che ancora una volta ha preteso molto, forse troppo da uno dei suoi figli. Dunque ciao Michele, l’ultimo saluto, dopo i 5.000 ricevuti ieri allo stadio Filottrano, è doveroso nei confronti di chi ormai è leggenda e nell’immaginario collettivo, non cesserà mai di esistere.