L’autismo, data la varietà di sintomatologie da cui la conseguente complessità nel fornirne una definizione clinica coerente e unitaria, motivo per cui è recentemente invalso l’uso di parlare più correttamente di Disturbi dello Spettro Autistico, può essere generalmente definito come un disturbo del neurosviluppo caratterizzato dalla compromissione dell’interazione sociale e da deficit della comunicazione verbale e non verbale, che provoca ristrettezza d’interessi e comportamenti ripetitivi.
Negli ultimi anni, vista sia la maggior attenzione posta sul tema che le accresciute capacità in termini di diagnostica (che permettono di identificare il disturbo con anticipo rispetto a quanto accadeva in passato) è stato rilevato un incremento significativo dei soggetti affetti da detto disturbo e, conseguentemente, un aumento del bacino di coloro i quali si rivolgono alla sanità pubblica per ricevere i relativi trattamenti. Purtroppo chi invece pare non aver adeguato il proprio livello di attenzione a questo nuovo aspetto assunto dal fenomeno, sembra essere la parte di amministrazione sanitaria titolata a disporre le risorse necessarie in materia.
Sul fenomeno dell’autismo una delle fonti più autorevoli è rappresentata dalle “Linee Guida per l’Autismo” dettate dalla Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA), approvate dal Sistema Nazionale delle Linee Guida e dall’Istituto Superiore della Sanità, nonché recepite dalla legislatura regionale già con il decreto dell’1 febbraio del 2007 e poi riconfermate dal decreto del 10 gennaio 2011.
Proprio da queste linee guida emerge un aspetto fondamentale, ovvero come la fascia di età che va da 0 a 6 anni (detta età pre-scolare) risulti essere la più promettente in termini di efficacia per trattare il disturbo, data “la possibilità che si ha di operare in un periodo in cui le strutture encefaliche non hanno assunto una definita specializzazione funzionale e le funzioni mentali, pertanto, sono in fase di attiva maturazione”.
Da qui il suggerimento operativo volto a offrire ai soggetti a cui viene diagnosticato un disturbo dello spettro autistico un trattamento che deve essere “precoce, intensivo e curriculare”.
La terapia che ad oggi si qualifica come la più idonea a rispondere a queste necessita è quella definita “Cognitivo Comportamentale” e a tal proposito va rilevato come l’Asp di Messina, con il progetto “PSN di Diagnosi e Trattamento Intensivo e precoce per bambini con Disturbo Autistico (DiATIP)”, sia stata l’unica Azienda Sanitaria ad avere attuato questa tipologia di servizi in Sicilia.
Da circa 3 mesi a questa parte però alle famiglie coinvolte nel progetto sono arrivate delle preoccupanti comunicazioni.
Le stesse hanno infatti ricevuto dall’Asp la notizia di una riduzione in termini quantitativi del servizio erogato (che già prima di detta comunicazione risultava comunque sottodimensionato rispetto agli standard dettati dai decreti precedentemente menzionati) che non accompagnerà più i bambini per tutta la fase pre-scolare ma che invece potrà essere erogato per un arco temporale di soli 6 mesi per paziente.
Motivo addotto per tale riduzione proprio l’aumento del bacino di utenza che vedrebbe i fondi destinati a questo progetto (che per legge devono corrispondere almeno allo 0.1% delle somme poste in entrata nel bilancio annuale aziendale) non più commisurati a soddisfare le richieste di accesso al servizio in tempi soddisfacenti.
L’intento del provvedimento dovrebbe essere quindi quello di velocizzare i tempi caratterizzanti lo scorrimento all’interno delle liste d’attesa, che al momento possono arrivare anche a due anni.
Ma i risultato pratico sarà all’altezza? Pare di no.
Così facendo, infatti, ciò che sembrerebbe risultare all’atto pratico, stando tanto alle “linee guida” in materia oltre che all’opinione ampiamente diffusa tra gli operatori del settore, sarebbe uno scomponimento del servizio tale da privarlo della sua stessa utilità.
Dai decreti già citati risulta però che “le risorse dedicate vanno […] negoziate con le direzioni aziendali in sede di assegnazione di budget” e che la percentuale dello 0.1% si configura come il minimo erogabile, dunque potenzialmente soggetto ad ampliamento.
E allora perché in un contesto in cui si è addirittura deciso di creare una cornice speciale per tutelare con maggior efficacia quella parte di popolazione affetta da questo delicato disturbo, oggi pare che tale attività di negoziazione non riesca a produrre dei risultati?
Sul tema dei fondi si è pronunciata anche l’associazione Cittadinanza Attiva che, in una lettera indirizzata al Direttore del Dipartimento Salute Mentale dell’Asp di Messina, Antonino Ciraolo, volta a stimolare l’organizzazione di un “incontro tra tutti i soggetti istituzionali che si occupano di autismo”, rileva come a fronte degli oltre 900 mila euro che dovrebbero corrispondere allo 0.1% delle somme destinate al progetto, “a noi risulta che al Centro (per la diagnosi ed il trattamento intensivo e precoce, ndr) vengano destinati solo poco più di 90 mila euro l’anno”.
Qualche ombra, dunque, si staglia anche in merito all’erogazione dei fondi già previsti per il progetto, e quello che emerge è un contesto che necessita sicuramente di ulteriori chiarimenti dai responsabili in materia.
Peraltro sempre Cittadinanza Attiva, nell’ambito di una seconda missiva firmata dal Segretario Regionale Giuseppe Pracanica e indirizzata, tra gli altri, al Commissario dell’AOU Policlinico “G.Martino”, rileva l’esistenza di un protocollo sperimentale d’intesa stipulato tra l’INPS e alcune strutture sanitare italiane.
La ratio di detto protocollo è quella di ridurre i disagi relativi all’ottenimento della “certificazione INPS” relativa al riconoscimento delle prestazioni assistenziali alle quali hanno diritto i minori autistici.
Ciò attraverso l’istituzione di un “certificato specialistico pediatrico” che, erogato dalle strutture sanitarie aderenti al protocollo, contiene tutti gli elementi utili all’accertamento della patologia.
Ciò al fine di evitare al paziente di doversi sottoporre a ulteriori valutazioni specialistiche che sono spesso necessarie in aggiunta al certificato medico redatto da pediatri e medici di base del Servizio Sanitario Nazionale. Permettendo dunque, da un lato, una riduzione dello stress a cui vengono sottoposti tanto i bambini quanto le famiglie, dall’altro, anche una riduzione nelle tempistiche necessarie ad ottenere la certificazione.
Infine, rilevando come l’iniziativa sia ancora aperta a tutte le strutture sanitarie pediatriche che ne facciano richiesta, Cittadinanza Attiva, per mezzo del suo Segretario provinciale, conclude la lettera con un’esortazione rivolta al Commissario Vullo volta all’ottenimento della sottoscrizione del protocollo d’intesa.