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Alla riscoperta di Messina: il complesso del Monte di Pietà

Alla riscoperta di Messina: il complesso del Monte di Pietà

Lungo la via XXIV maggio, un tempo denominata “via dei Monasteri” per i numerosi edifici monastici che in essa si affacciavano, sorge l’importante e antico complesso monumentale del Monte di Pietà.

In esso è possibile individuare tre distinte parti edificate in differenti periodi dall’Arciconfraternita degli Azzurri: il Palazzo del Monte di Pietà, il cui prospetto è visibile dalla strada, il cortile interno con la scalinata a rampe ed in fondo, quasi a chiusura scenografica, i pochi resti della Chiesa di Santa Maria della Pietà.

La Confraternita istituita nel 1541 e a cui aderirono famiglie della nobiltà messinese, svolgeva insieme ad altre simili Congregazioni presenti sul territorio, attività di assistenza spirituale e conforto durante le ultime ore di vita dei condannati a morte.

Il primo nucleo che i Confrati Azzurri edificarono fu la chiesa intitolata a Santa Maria della Pietà nel 1581, sorta sul preesistente oratorio medievale di San Basilio, situato alle falde della Fortezza Rocca Guelfonia – oggi Cristo Re – al cui interno erano situate le carceri.
La stretta vicinanza tra la chiesa e le prigioni consentiva ai Confrati di prelevare dalle segrete della Rocca i condannati a morte per condurli nella chiesa, probabilmente percorrendo una galleria sotterranea, dove si svolgevano per tre giorni i conforti spirituali prima dell’esecuzione capitale.

Dopo un’epidemia di peste che colpì funestamente la comunità messinese riducendo numerose famiglie a precarie condizioni economiche e costringendole a chiedere prestiti con tassi d’interesse da usura, i Confrati intervennero svolgendo assistenza economica ai bisognosi, erogando piccoli prestiti a basso interesse su pegno, che veniva messo all’asta qualora il debito non fosse stato saldato.

Per tale scopo a partire dal 1616, fu edificata una sede idonea e prestigiosa, il Palazzo del Monte di Pietà, ad opera dell’architetto messinese Natale Masuccio che ne progettò il piano terra, seguendo una linea stilistica elegante e imponente.
La facciata a “bugnato” cioè con un particolare tipo di lavorazione della pietra, presenta un portale di accesso affiancato da due colonne che reggono un arco spezzato con all’interno una lapide e, poste ai lati, due coppie di finestre alternate a sei nicchie che probabilmente contennero delle statue.

Nel Settecento, dopo la morte di Masuccio, l’edificio fu ampliato da altri progettisti di cui si ignora l’identità. Questi, tuttavia, non rispettarono il progetto originario e sul primitivo nucleo procedettero con una sopraelevazione, con ampie finestre e un balcone ornato da sei mensoloni ornamentali.
Di epoca più tarda è il campanile, posto a destra della facciata e leggermente arretrato rispetto al prospetto, oggi difficilmente riconoscibile a causa della mancanza della parte superiore.

Varcando il portale di ingresso si accede ad un corridoio coperto da una volta a botte sul quale si aprono due ampi saloni con sottostanti magazzini. Proseguendo, un loggiato a tre arcate coperto da volte a crociera ed ornato a sinistra da una fontana del 1732 con un putto a cavallo di un delfino, immette al vasto cortile interno su cui si affaccia la maestosa Chiesa di Santa Maria della Pietà, di cui oggi resta solo parte della facciata.
La chiesa, che fino al sisma del 1908 si sviluppava su due livelli, presenta tre portali ad arco ormai murati e la facciata decorata da volute con pinnacoli e vasi ornamentali. L’interno si presentava a unica navata con le pareti rivestite da sedili in legno di noce destinati ai Confrati e sull’altare centrale si poteva ammirare una tavola datata 1578, raffigurante la Pietà di Deodato Guinaccia.
Gli affreschi decorativi, anche questi ormai distrutti, erano opera di Filippo Tancredi che li aveva eseguiti nel 1706, mentre un’ampia galleria con la volta affrescata da Placido Campolo con figure allegoriche, era ornata dai ritratti dei governatori dell’Arciconfraternita.

Antistante la chiesa è ancora presente un’elegante e scenografica scalinata in pietra dura di Taormina dalle linee sinuose di gustotardo-barocco, realizzata nel 1741 in occasione del bicentenario dell’Arciconfraternita su disegni di Placido Campolo e Antonio Basile.
Al centro dello scalone è posta la statua dell’Abbondanza del noto scultore messinese Ignazio Buceti (inoltre autore di una delle “Quattro Fontane”, clicca qui per approfondire), che rappresenta una giovane donna con una mano poggiata sulla cornucopia piena d’oro, simbolo di fertilità, e l’altra sul seno prosperoso, messaggio di buon auspicio rivolto ai meno fortunati costretti a chiedere prestiti al Monte di Pietà.

Il terremoto del 1908 danneggiò gravemente l’intero complesso ma furono recuperati e conservati al Museo Regionale la Pietà del Guinaccia e le tavole raffiguranti San Basilio e Cristo sotto la croce. I ritratti dei governatori vennero invece custoditi presso la nuova sede dell’Arciconfraternita degli Azzurri.

Anche i bombardamenti su Messina del 1943 causarono ulteriori danneggiamenti all’intero complesso che venne lasciato all’incuria ed in totale stato di abbandono. Al suo interno si costruirono fatiscenti baraccamenti e la vegetazione ricoprì quasi interamente la struttura, oscurandone i tratti architettonici.
Solo nel 1981 la Soprintendenza ai Monumenti intervenne ripulendo l’intera area e ricostruendo alcune parti distrutte.

Una preziosa testimonianza della passata magnificenza e bellezza dell’intero Monte di Pietà è fornita dagli accurati disegni degli architetti Jakob Ignaz Hittorff e Karl Ludwig Wilhelm Zanth che nel 1835, durante il loro viaggio in Sicilia, documentarono in maniera dettagliata le caratteristiche compositive, dimensionali e ambientali del monumento.

Gabriella Papa

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