Sulla base di alcuni elementi introdotti dalla legge di bilancio nazionale del 2019 pare sia emerso un quadro normativo che rischia di essere discriminante nei confronti degli insegnanti di terza fascia. Categoria di cui fanno parte i docenti che, pur non ancora abilitati, sono in possesso di un titolo di studio valido per l’insegnamento e che pertanto possono svolgere supplenze anche a lungo termine.
Stando alle novità introdotte, infatti, al prossimo concorso a cattedra (che dovrebbe essere bandito a luglio 2019) potranno partecipare, senza alcuna distinzione, tanto gli insegnanti di terza fascia, con esperienza già maturata “sul campo” attraverso le supplenze, quanto i neo-laureati, sprovvisti di esperienza, purché abbiano sostenuto un percorso di studi coerente con la classe di concorso scelta e che abbiano conseguito 24 ulteriori CFU in discipline antropo-psico-pedagogiche. Dunque l’esperienza acquisita da chi ha già prestato servizio, allo stato attuale, non verrà considerata un valore aggiunto.
In proposito, lo
scorso mercoledì, è stata presentata all’Ars una mozione a firma di tutti i
deputati regionali di Fratelli d’Italia che impegna il governo in sede di
conferenza Stato-Regioni, a considerare l’ipotesi di indire un concorso, in parallelo all’attuazione
di concorsi ordinari selettivi, riservato
ai docenti che abbiano maturato 3 anni di servizio.
Secondo FdI ed il
suo capogruppo all’Ars Antonio Catalfamo infatti: “Tale stato di cose fa sì che i docenti della terza fascia delle
graduatorie di istituto vedano lesi i
loro diritti maturati nel tempo e con il lavoro, dal momento che concorrono
al pari degli altri docenti al
regolare svolgimento di tutte le attività didattiche. Non si può quindi penalizzare e discriminare questa parte di docenti
che, come gli altri, ha dimostrato sempre disponibilità e professionalità nella
gestione organica delle scuole italiane“.
Sul tema è stata
inoltre evidenziata un’ulteriore
criticità, questa anteriore alle modifiche normative di cui sopra, legata
all’integrazione dei CFU.
Non è raro infatti che un corso di laurea, sebbene specificatamente orientato
verso un certo settore disciplinare, non
eroghi CFU sufficienti ad accedere alla relativa classe concorsuale. Ciò impone
a coloro i quali, già laureati, desiderino partecipare al concorso abilitante
di effettuare delle integrazioni presso gli atenei, pubblici e privati, a
pagamento. Cosa che secondo molti ha generato uno svilente processo di mercificazione della cultura.
A confermare questa sensazione, peraltro, l’intervento del MIUR che sotto la guida dell’ex ministro Fedeli ha calmierato il prezzo massimo che le università statali possono richiedere a chi necessita di integrare detti CFU, ponendolo a 500 euro. Per fare un paragone, presso l’Università di Messina le tasse che uno studente il cui ISEE rientra tra i 30 mila ed i 34 mila euro annui deve corrispondere per un intero anno di studi ammontano a 1.387 euro.
Alberto Caminiti