Non si è ancora placata la tempesta che ha travolto l’ufficio del commissario Covid Alberto Firenze, legata all’ideazione e affissione di manifesti che incitano alla discriminazione e all’odio sociale, che ecco arrivare un nuovo reclamo al garante della privacy.
Secondo gli autori dell’esposto, l’avvocato Giuseppe Sottile e il signor Giuseppe Munaò, il 6 dicembre 2021 presso l’Istituto d’Istruzione Superiore Verona Trento ed altri istituti scolastici di Messina, su iniziativa dell’Ufficio Emergenza Covid di Messina guidato dal commissario Alberto Firenze, veniva avviato il progetto denominato “MI CURODI TE – LA CULTURA SANITARIA INCONTRA LA SCUOLA”.
In realtà tale progetto, veniva utilizzato (e viene utilizzato in quanto ancora in corso) come pretesto per carpire agli studenti – tutti minorenni – informazioni e dati sanitari coperti dal diritto alla riservatezza sul proprio stato di vaccinazione e sulle idee dei genitori dei ragazzi in ordine ai vaccini e alla campagna vaccinale.
Nella suddetta data, nel caso di specie, avveniva che nella mattinata, tra le 8:30 e le 9:30, tutti gli studenti del suddetto istituto venivano convocati a scaglioni orari nella palestra dell’istituto. Qui, alla presenza degli insegnanti delle relative classi e della Dirigente Scolastica in intestazione, una dottoressa dell’ASP con inusitata noncuranza formulava nei confronti della platea dei discenti i seguenti quesiti:
“Chi di voi è vaccinato?” “Chi di voi vuole vaccinarsi ma ha paura?”“Chi di voi è sicuro di non vaccinarsi?”“Chi di voi non si vaccina perché a casa non vogliono?”
Le suddette domande venivano rivolte sicuramente nei confronti del gruppo di classi presenti tra le 8:30 e le 9:30, quando almeno un ragazzino si alzava e rispondeva pubblicamente: “io mi vaccinerei ma mia mamma non vuole”.
Tali domande, soprattutto perché effettuate nei confronti di minori e davanti a tutta la classe, costituiscono una gravissima violazione dell’art. 9 del Codice della Privacy, che dispone al paragrafo 1 che “E’ vietato trattare dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona”.
E’ di plateale evidenza, inoltre, che siffatto modo di procedere (chiedendo pubblicamente a ragazzi minorenni, il proprio stato di vaccinazione ed – addirittura – chiedendo informazioni sulle idee delle proprie famiglie ) possa determinare divisioni, discriminazioni e isolamento da parte di alcuni studenti nei confronti di altri, con il rischio di favorire episodi di violenza fisica o verbale o di vero e proprio bullismo all’interno delle classi.
Sul punto, peraltro, il Garante della Privacy si è ampiamente pronunciato nel senso che “I docenti non possono chiedere informazioni sullo stato vaccinale degli studenti”. E’ chiaro come lo stesso divieto valva per chiunque, e a maggior ragione per un medico dell’ASP.
Queste le motivazioni presentate nel reclamo, che per conoscenza è stato inviato anche al garante per l’infanzia nazionale e locale.