Già in scena lo scorso giovedì al Trifiletti di Milazzo, l’Opera musicale firmata da Daniele Maisano e Davide Borgia ha raccontato la vicenda del Notre Dame de Paris di Victor Hugo, conosciuta dal grande pubblico grazie alla trasposizione musicale di Riccardo Cocciante, Luc Plamondon e Pasquale Panella.
Amori tormentati per motivi diversi, la morale guidata da impulsi del cuore e la ricerca spasmodica di libertà e di giustizia dei clandestini consapevoli di non avere niente ma di essere “soltanto vivi”. Un progetto cresciuto nel tempo e che continua ad evolversi grazie alle competenze e al talento di tutto il cast.
Un plauso alla bella Esmeralda, interpretata da Serena Perdichizzi, con la sua voglia di vivere e la smisurata fiducia nell’amore attraverso i sorrisi, gli ammiccamenti e la leggerezza dell’età. Ha incanalato il dolore della perdita del fratellastro Clopin ucciso davanti ai suoi occhi, e il tradimento, raccontandolo sia con i movimenti del corpo, decisi e spezzati, sia con la rabbia defluita nel canto. Impeccabile il personaggio di Febo nel suo ruolo di tutore della legge, intenso e passionale, interpretato da Davide Borgia, scisso tra due amori ma di cui sceglierà quello meno impegnativo, quello più semplice.
Quasimodo, interpretato da Daniele Maisano, ha impersonato il profondo dolore per l’esclusione, la mancanza di amore, la rabbia di essere nato “a metà”. Davvero toccante il brano eseguito sul corpo della zingara “Balla mia Esmeralda”, con Silvia Scotto sulla scena che ha danzato in abiti chiari con la leggerezza di un’anima che abbandona il corpo, come quella di Esmeralda, forse libera, adesso, di poter gioire della leggerezza che Frollo, con crudeltà, le ha strappato di dosso.
Frollo, il sacerdote interpretato da Antonio Adorno, austero nel suo abito talare nero, vive una passione dolorosa e struggente, soprattutto nel momento in cui si piega in due, come a raccogliere le forze, per poi urlarle, cantando, il suo amore che finirà per bruciargli l’anima, davanti alla zingara ormai dietro le sbarre.
Eppoi Fiordaliso, interpretata da Giulia Cacace, nobildonna orgogliosa e contenuta, sia nelle espressioni, sia nei movimenti, figura rilevante e intensa, che seppur vestita di bianco si è mossa sulla scena come una nube densa e scura. Impeccabile nel brano “Cavalcatura”, che ha eseguito con estrema bravura, giocando sul filo della castità e della vendetta, facendo coincidere il perdono con il senso di rivalsa anche puntando alle espressioni del volto.
Clopin, il capo degli zingari, è stato interpretato magistralmente da Salvatore Cappellano con un’azione dinamica e drammatica, soprattutto nel momento della morte per mano di Febo, dimostrando un temperamento brillante ed energico. Le ballerine Aurora Gullì, Martina Archontidis, Sharon Mazzeo, Giulia Gaipa, Nina Santangelo, Alessia Urso e Elison Gasparro hanno interpretato il popolo degli zingari e le ragazze del Val d’Amore. Movimenti fluidi, eleganti, tutti coincidenti sulle coreografie, perfette e accattivanti, di Silvia Scotto.
Impeccabile anche Francesco Cucinotta che nei panni del poeta Gringoire ha osservato gli avvenimenti con sfaccettature sempre diverse, a volte dall’interno altre dall’esterno. Emozionante il finale. Gringoire, avanzando tra i corpi di Quasimodo e di Esmeralda, si rivolge al pubblico lasciandolo senza fiato. Sul palco, per quasi tutto il tempo, le due guardie Emanuele Mandanici e Alberto Liga.
Uno spettacolo pienamente riuscito con gli abiti che Silvia Fucile, aiutata da Valentina Firinu, anche assistente di scena, ha realizzato per l’occasione. Silvia Fucile è stata anche assistente di palco. Le scenografie sono state pensate dal regista Daniele Maisano. Davide Borgia, oltre alla coregia, ha lavorato insieme agli artisti sulle tecniche vocali. Trucco firmato Marcella Triolo, le grafiche invececurate da Giuseppe Nania. Service Audio e Luci a cura di B & Suond di Davide Bisazza.